Keplero muore per la seconda volta
E pensare che solo poche settimane fa ci aveva dato una delle notizie più importanti di questo secolo.
Grazie alle sue apparecchiature aveva localizzato due tra i possibili gemelli della Terra. Due pianeti scovati nella lontanissima costellazione della Lira, a circa tremila anni luce da noi.
Ma anche per Keplero, la sonda della Nasa lanciata nel 2009, lo spazio è stato fatale. Il satellite non è morto, ma è agonizzante. Ne danno il triste annuncio gli scienziati dell’organizzazione spaziale americana.
Il fatto è questo, un altro giroscopio è andato in tilt e minaccia di mettere la parola fine sulla missione della piccola navetta terrestre.
C’è da dire, però, che in questi quattro anni il suo ministero è stato ricco di soddisfazioni.
«Ha segnato una rivoluzione nella nostra comprensione dei sistemi planetari -ha spiegato Raffaele Gratton, astronomo Inaf ed esperto di pianeti extrasolari-. Al di là del numero di pianeti che ha scoperto ha fornito una enorme statistica su quelli di piccole dimensioni, alcuni dei quali collocati nella zona cosiddetta abitabile».
E fino ad oggi, infatti, l’occhio di Keplero ha individuato ben 132 pianeti esterni al Sistema solare e inviato una tale mole di dati sulla variazione di luminosità di circa 100 mila stelle. Milioni e milioni di informazioni per un lavoro di elaborazione che richiederà anni, forse decenni.
Ma purtroppo la sua vita è appesa a un filo, anzi ad un giroscopio. Muore per la seconda volta, come l’astronomo da cui deriva il suo nome.
Emblematico l’epitaffio sulla lapide fatto incidere per sua volontà, proprio da Giovanni Keplero, dopo la sua morte, nel 1630:
“Mensus eram coelos, nunc terrae metior umbras. Mens coelestis erat, corporis umbra iacet”
Misuravo i cieli, ora fisso le ombre della terra. La mente era nella volta celeste, ora il corpo giace nell’oscurità.
Un triste presagio

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