Le Orme, “Contrappunti” 30 anni dopo

Ascoli – VI RICORDATE Felona e Sorona? Se scavate nei meandri della vostra memoria non potete non ricordare che si tratta di uno degli album più riusciti de Le Orme, il gruppo progressive rock tra i più rappresentativi degli  anni  70. Ebbene quel lavoro musicale che ”disquisiva” di due pianeti, in un sondaggio su Internet, è risultato essere tra i primi dieci più apprezzati del mondo. «Ad essere più precisi l’ottavo in assoluto », risponde Aldo Tagliapetra, tra i fondatori della band che questa sera terrà un concerto nella piazza di Ripaberarda. «L’abbiamo saputo durante una serie di concerti in America».

Come altri gruppi italiani, anche voi siete molto apprezzati all’estero

«Paradossalmente lo siamo di più che in Italia. Per noi è un momento davvero magico soprattutto ora che abbiamo coronato il sogno del nuovo album (L’Infinito), l’album che ha concluso una trilogia».

Avete abbandonato la  “formula” a tre?

«In quella condizione ci venimmo a trovare solo perchè ci abbandonò il nostro chitarrista Nino Meraldi».

E l’emulazione degli Emerson, Lake and Palmer?

«Storicamente erano molti i gruppi che adottarono quella forma. Il nostro caso non fu premeditato e fu solo la conseguenza di quella defezione».

Prima gli anni d’oro e poi gli anni bui… 

«Nascemmo alla fine degli anni ’60 suonando i successi degli altri. Poi il pubblico italiano ci conobbe con Senti l’estate che torna. Era il periodo della fantasia, della ricerca della scoperta musicale. Ci inserimmo anche noi con un nostro filone. E’ stato fantastico. Poi, dopo quasi venti anni, ci  sciogliemmo. Era il 1982. »

E il rapporto con le altre band italiane?

Non è mai venuto meno. Spesso ci incontravamo con la Pfm, con quelli del Banco. Nei nostri discorsi c’era sempre la consapevolezza del “buio” degli anni ’80».

Ma vi  rimetteste insieme proprio in quegli anni… 

«“Risorgemmo” nel 1985 allargando il gruppo al secondo tastierista ».

E cosa accadde? 

«Accadde che piano piano ritrovammo entusiasmo e fans. Gli anni fondamentali sono stati il ’95 e  l ’96 soprattutto con le trasferte all’estero».

E lì vi riconoscevano? 

«Se non l’avessi vissuto personalmente non ci avrei mai creduto.  Los Angeles come in Giappone ci fermavano per strada e ci riconoscevano. E non si trattava di fan ”attempati”ma, al contrario, di ragazzi che avevano riscoperto i nostri album».

Quegli anni, quelli della grande musica, ritorneranno? 

«I ricordi, come diceva Montanelli, sono sempre permeati da una magicità. Noi pensiamo al presente, al futuro. In questo momento siamo proiettati nell’Infinito».

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dal 1986 al 1989 a Il Tempo e dal 1990 al 2022 a Il Messaggero, ora collaboratore presso Ultimabozza.it

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